Non è tassabile il risarcimento del danno corrisposto dal datore di lavoro a seguito della mancata attivazione, prescritta dalla contrattazione collettiva, del sistema della retribuzione di risultato o per obiettivi, configurandosi come una “perdita di chance”. L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso, contro due dirigenti medici, che resistono con controricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale che — nella causa di impugnazione degli avvisi di accertamento che recuperavano a tassazione IRPEF, quali redditi di lavoro dipendente, le somme riconosciute ad una ASL ai propri dipendenti, a titolo di risarcimento del danno derivante dalla violazione degli obblighi di cui all’art. 52 del CCNL dell’8.6.2000 in esecuzione degli accordi transattivi raggiunti dalle parti. Le liti transatte riguardano il risarcimento del danno da perdita di chance di accrescimento professionale e, quindi, gli importi ricevuti dagli interessati sono esenti da tassazione, La Cassazione pertanto ha stabilito, in linea con la giurisprudenza di legittimità, in tema di imposte sui redditi, che in base all’art. 6, comma 2, del TUIR, le somme percepite dal contribuente a titolo risarcitorio sono soggette a imposizione soltanto se risultino destinate a reintegrare un danno da mancata percezione di redditi (cd. lucro cessante), mentre non costituiscono reddito imponibile nell’ipotesi in cui tendano a riparare un pregiudizio di natura diversa, come quello da perdita di chance. cd. danno emergente).